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mercoledì 15 agosto 2012

DEDICATO A CHI ANCORA INVENTA RADICI RELIGIOSE E POPULISTE



Provo un certo fastidio per la demagogia del costruire l’identità come ‘differenza’ verso ‘l’altro’ più che ‘integrazione’ di valori molteplici e diversi. Vale anche per l’enfasi sulle cosiddette ‘radici cristiane’ europee, che ci inducono a dimenticarne altre ricchissime- ad esempio arabe dai fenici in poi – peraltro centrate su tutto meno che su una visione fortemente religiosa dell’uomo.

Credo  che se oggi in Europa fossimo in grado, invece di chiuderci, di integrare e puntare sui talenti ‘stranieri’ nei nostri territori e non solo, considerandoli nuova linfa per lo sviluppo (anche imprenditoriale ed occupazionale), faremmo una buona cosa e ottimi affari.
Navighiamolo un po’ insieme, questo ‘mediterraneo “ribollente” (Braudel)  pre-ellenico, dal 2000 al 500 a.c., alla ricerca delle nostre origini.
Scopriamo  la ‘nostra’ nascita all’interno di profonda contaminazione con il mondo mediorientale (Fenici) e ‘non indoeuropeo’ in genere (Creta e la civiltà minoica). L’ ‘identità occidentale’ nella sua magmatica formazione è profondamente integrata con l’Oriente. Un’integrazione che si rafforzerà molti secoli dopo  con la conquista araba (arti, matematica, lingua, cucina…).
Non minimizzo la matrice migratoria e linguistica indoeuropea: basta studiare la radice della parola MADRE, che è ‘MA’ e le sue coerenti trasformazioni: in sancrito ‘Mata’, in russo ‘Mat’, in greco ‘μήτηρ’, in latino ‘Mater’, In Italiano e spagnolo ‘Madre’, in francese ‘Mere’, in tedesco ‘Mutter’, in danese e svedese ‘Moder’, in olandese ‘Moeder’, in inglese e americano ‘Mother’.
Ma la culla ispiratrice della futura civiltà greco-micenea (gli Achei di Omero) fu Creta, dominatrice dei mari tra il 2300 ed il 1450 a. C., abitata da un popolazione non indoeuropea, ancora di origine incerta.
Nel mito, ‘Europa’ divenne la prima regina di Creta. Proprio in onore di Minosse e di sua madre, i Greci diedero il nome “Europa” (‘Luna piena’) al continente che si trova a nord di Creta.
E’ ancora da altri non indoeuropei, soprattutto dai Fenici, popolo semita della Palestina (semiti erano anche gli ‘arabi’) concreti uomini d’affari e inarrestabili navigatori, che arrivano dopo il 1200 a.c. due straordinari contributi al ‘nostro’ occidente: l’invenzione  della moneta con valore di scambio pari al peso del materiale, e  l’alfabeto a consonanti.
Da ‘svelti’ mercanti, non potevano perdere il tempo richiesto dalla scrittura sumerica, e ridussero così migliaia di segni diversi in un alfabeto essenziale e maneggevole di ventidue lettere, solo perfezionato dai greci -probabilmente nell’VIII secolo -,  con l’aggiunta delle vocali ma sempre definendolo il ‘phoinika grammata’ (segni fenici).
I fenici sono anche gli inventori-esportatori della ‘porpora’ (tinta rossa prodotta dalla lavorazione di un mollusco, usata da allora in poi per ornare le vesti di prestigio, comprese quelle del ‘porporato’ cattolico).
Lasciamo riposare i fenici e sbarchiamo in Asia, a Mileto: è qui, e non in ‘territorio extra-europeo’ che nasce la filosofia greca, con Talete. 
Se poi ‘sbarchiamo’ in cucina, siamo ancora in pieno Oriente. Pronti alla degustazione?
Il vino: le più antiche tracce di coltivazione della vite sono state rinvenute sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale. Però il suo trionfo si ha nella cultura greca del ‘Simposio’ (‘bere assieme’), una sorta di ‘drinking party’ culturale ed orgiastico, con un vino forte e simile al vermouth per questo da miscelare con acqua in proporzioni da 1 a 5.
L’olio, i primi ritrovamenti di olivo risalgono all’area siro-palestinese nel 6000 a.C. e poi di certo dall’area caucasica in Asia minore. 
Il grano e i prodotti su di esso basati venivano invece prevalentemente dall’Egitto, grande granaio del mondo basato sul Nilo.
Molti componenti basilari del nostro paesaggio sono ‘importati’: aranci, limoni e mandarinivengono dall’estremo oriente portati dagli Arabi, i cipressi dalla Persia.
L’egemonia di questo ‘melting pot’ definito ‘occidente’ si è affermata ed è passata progressivamente attraverso 4000 anni. I greci prima, e poi i romani e gli imperi succedutisi, hanno saputo, anche crudelmente, prendere il meglio, integrarlo, innovarlo, riesportarlo. 
Qual è il ‘nostro’ tratto originale e fondante? Cosa abbiamo ancora in comune con l’ ‘uomo greco’(miceneo prima e della Polis dopo)? 
L’uomo greco – secondo Vernant – era prima di tutto un uomo libero dal peso oppressivo della religione, di caste sacerdotali e di libri sacri depositari del sapere a bloccare il pensiero e la investigazione libera dell’uomo. Un ‘cittadino’, non un suddito (come in oriente), animato dallaresponsabilità e reputazione dell’uomo nei confronti della sua comunità prima e dei posteri dopo.Orgoglio di una cittadinanza da guadagnarsi e difendere con le armi (‘cittadino-oplita’)con un modo di porsi, per conquistarla, imprenditoriale, attivo, laborioso, protagonista: non fatalista o ‘suddito’ passivo di dei e monarchi.
E’ proprio dalla centralità e dal rafforzamento della cittadinanza attiva che dovremmo ripartire: contro le moderne sudditanze ai poteri (più ignoranti che forti) della finanza deviata, del capitalismo a breve termine, degli spread senza visione futuro. Riprendendo in mano le buone lezioni della nostra storia, senza troppi professori né sacerdoti.
PS. Una nota sulla ‘vera identità italiana’: siamo ‘integrati’ persino nel nostro DNA. Dalle ricerche genetiche non emergono ‘geni padani’ (in nessun senso…) né ‘italiani’: sono tre i ceppi genetici di gran lunga prevalenti, GrecoCeltico (gallico) ed Etrusco: questi ultimi ritenuti provenienti dall’Asia Minore e pre-indoeuropea

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